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L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’ Ahimè, la vita non è così facile.

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In Italia vi sono oggi alcuni che si domandano se la Resistenza abbia avuto un reale impatto militare sul corso della guerra. Per la mia generazione la questione è irrilevante: comprendemmo immediatamente il significato morale e psicologico della Resistenza. Era motivo d’orgoglio sapere che noi europei non avevamo atteso la liberazione passivamente.

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Il fascismo era un totalitarismo fuzzy.* Il fascismo non era una ideologia monolitica, ma piuttosto un collage di diverse idee politiche e filosofiche, un alveare di contraddizioni.

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Ci fu una sola architettura nazista, e una sola arte nazista. Se l’architetto nazista era Speer, non c’era posto per Mies van der Rohe. Allo stesso modo, sotto Stalin, se Lamarck aveva ragione non c’era posto per Darwin. A contrario, vi furono certamente degli architetti fascisti, ma accanto ai loro pseudocolossei sorsero anche dei nuovi edifici ispirati al moderno razionalismo di Gropius.

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Molti dei futuri partigiani, e dei futuri intellettuali del partito comunista, vennero educati dal GUF, l’associazione fascista degli studenti universitari, che doveva essere la culla della nuova cultura fascista. Questi club divennero una sorta di calderone intellettuale in cui le nuove idee circolavano senza alcun reale controllo ideologico, non tanto perché gli uomini di partito fossero tolleranti, quanto perché pochi di loro possedevano gli strumenti intellettuali per controllarle.

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Ci fu un solo nazismo, e non possiamo chiamare “nazismo” il falangismo ipercattolico di Franco, dal momento che il nazismo è fondamentalmente pagano, politeistico e anticristiano, o non è nazismo. Al contrario, si può giocare al fascismo in molti modi, e il nome del gioco non cambia. Succede alla nozione di “fascismo” quel che, secondo Wittgenstein, accade alla nozione di “gioco”. Un gioco può essere o non essere competitivo, può interessare una o più persone, può richiedere qualche particolare abilità o nessuna, può mettere in palio del danaro, o no. I giochi sono una serie di attività diverse che mostrano solo una qualche “somiglianza di famiglia”.

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Togliete al fascismo l’imperialismo e avrete Franco o Salazar; togliete il colonialismo e avrete il fascismo balcanico. Aggiungete al fascismo italiano un anticapitalismo radicale (che non affascinò mai Mussolini) e avrete Ezra Pound. Aggiungete il culto della mitologia celtica e il misticismo del Graal (completamente estraneo al fascismo ufficiale) e avrete uno dei più rispettati guru fascisti, Julius Evola.

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Nella cultura moderna, la comunità scientifica intende il disaccordo come strumento di avanzamento delle conoscenze. Per l’Ur-Fascismo, il disaccordo è tradimento.

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Così, alla radice della psicologia Ur-Fascista vi è l’ossessione del complotto, possibilmente internazionale.

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L’Ur-Fascismo non può fare a meno di predicare un “elitismo popolare”. Ogni cittadino appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro del partito.

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Dal momento che il gruppo è organizzato gerarchicamente (secondo un modello militare), ogni leader subordinato disprezza i suoi subalterni, e ognuno di loro disprezza i suoi sottoposti. Tutto ciò rinforza il senso di un elitismo di massa.

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Queste parole, “libertà”, “dittatura”–Dio mio–era la prima volta in vita mia che le leggevo. In virtù di queste nuove parole ero rinato uomo libero occidentale.

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